venerdì, ottobre 14, 2005

Kafka, l'indispensabile.


Il processo
Josef K. condannato a morte per una colpa inesistente è vittima del suo tempo. Sostiene interrogatori, cerca avvocati e testimoni soltanto per riuscire a giustificare il suo delitto di "esistere". Ma come sempre avviene nella prosa di Kafka, la concretezza incisiva delle situazioni produce, su personaggi assolutamente astratti, il dispiegarsi di una tragedia di portata cosmica. E allora tribunale è il mondo stesso, tutto quello che esiste al di fuori di Josef K. è processo: non resta che attendere l'esecuzione di una condanna da altri pronunciata.


Il Castello
Scritto intorno al 1922 e pubblicato postumo da Max Brod nel 1926, "Il castello" è l'ultimo romanzo di Franz Kafka. L'agrimensore K., "emergendo da un vuoto di antefatti o di preistoria personale simile a un banco di nebbia", come scrive Italo Alighiero Chiusano nell'introduzione, arriva in un villaggio sormontato da un castello. K. è lì per esercitare la propria professione, ma ciò gli è impedito dall'ostilità degli abitanti e dagli ostacoli frapposti dalla burocrazia del Castello, sfuggente e inafferrabile per la sua meticolosa e arbitraria complessità.

La metamorfosi e altri racconti.
Frugando negli interstizi del quotidiano, Kafka modella le sue parabole con brevi pennellate dai toni quasi espressionistici, che fanno emergere il non-senso sotto l'apparenza del senso, il problematico e il precario sotto la maschera della certezza e della stabilità, la corruzione sotto lo schermo della legge. Il simbolismo kafkiano non è tale da poter essere letto in funzione di un contenuto particolare e i suoi racconti, come tutte le sue opere, vibrano di suggestive risonanze che toccano in profondità i problemi dell'esistenza come si presentano alla coscienza e agli istinti dell'uomo moderno. ù

America.
America è uno dei tre grandi romanzi rimasti incompiuti e pubblicati postumi dall'amico di Kafka, Max Brod, che dall'autore aveva ricevuto l'incarico di distruggerne le opere quando fosse morto. Edito nel 1927, racconta la storia dell'adolescente Karl Rossmann, mandato in America dai genitori per dimenticare una domestica messa incinta. Oltreoceano, in un paese sconosciuto, a espiazione della propria colpa, Karl vive una serie di esperienze a lui incomprensibili, prima a casa dello zio, che senza motivo lo scaccia, poi assieme a due vagabondi, quindi come impiegato in un albergo, da cui viene improvvisamente licenziato, e infine nel teatro di Oklahoma, dove il racconto si interrompe.

Lettera al padre.
"Nel carattere di Kafka è curioso il suo profondissimo desiderio che il padre lo comprendesse e accettasse la sua attività 'infantile', la lettura e più tardi la letteratura, che il padre non lo respingesse fuori dalla società degli adulti, la sola indistruttibile... Suo padre era per lui l'uomo dell'autorità, i cui interessi erano limitati ai valori dell'azione efficace. Il padre rispondeva con la dura in-comprensione del mondo del lavoro (...) Kafka voleva intitolare tutta la sua opera: 'Tentazioni di evasione dalla sfera paterna'...". (Dal saggio di Georges Bataille) .

....ed infine, per capire l'animo dello scrittore Praghese consiglio Lettere a Milena e Diari.

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