giovedì, aprile 19, 2007

Figli di papà

Men of good fortune
Often cause empires to fall
While men of poor beginnings
Often cant do anything at all
The rich son waits for his father to die
The poor just drink and cryAnd me,
I just dont care at all
Men of good fortune
Very often cant do a thing
While men of poor beginnings
Often can do anything
At heart they try to act like a man
Handle things the best way they can
They have no rich, daddy to fall back on
Men of good fortune
Often cause empires to fallWhile men of poor beginnings
Often cant do anything at all
It takes money to make money they say
Look at the fords, but didnt they start that way
Anyway, it makes no difference to me
Men of good fortune
Often wish that they could die
While men of poor beginnings
Want what they have and to get it theyll die
All those great things that live has to give
They wanna have money and live
But me, I just dont care at all
Men of good fortuneMen of poor beginnings
Men of good fortune
Men of poor beginnings
Men of good fortune
Men of poor beginnings
Men of good fortune
Men of poor beginnings
Lou Reed.

lunedì, aprile 16, 2007

Paradiso




Dame la mano y danzaremos;

dame la mano y me amarás.

Como una sola flor seremos,

como una flor, y nada más...

El mismo verso cantaremos,

al mismo paso bailarás.

Como una espiga ondularemos,

como una espiga, y nada más.

Te llamas Rosa y yo Esperanza;

pero tu nombre olvidarás,

porque seremos una danza en la colina,

y nada más..


Gabriela Mistral

venerdì, aprile 13, 2007

Il buio

Il buio
(“SAD SONG”)




Il pomeriggio terminava. Un’onda di oscurità da lì a poco avrebbe cinto la città, solo il campanile della Chiesa Madre era ancora accarezzato da un tenue raggio di luce arancione.
Il cielo si velava di verde, rosa e giallo, almeno così pareva a Luca che fumava la prima sigaretta della giornata.
La casa, Luca e Andrea, l’avevano acquistata a Marzo, subito dopo il loro matrimonio e gli echi festosi di quella cerimonia risuonavano leggeri proprio sul cielo colorato che Luca osservava dietro il fumo della sua sigaretta. Ascoltava un vecchio brano di Lou che doveva chiamarsi “Sad Song”, ma in quel momento di pace, ricordare il titolo della canzone non era importante. Luca canticchiava e osservava quasi in estasi il sopraggiungere dolce ed inesorabile dell’oscurità: My castle, kids and home…I thought she was Mary, Queen of Scots…I tried so very hard…shows just how wrong you can be…I'm gonna stop wasting time…Somebody else…would have broken both of her arms. Sad song…Sad song…Sad song.
Quelle parole, in quel momento, gli parevano dolcissime e chissà perché familiari.
Si erano sposati da poco più di due mesi, lui e Andrea, e la felicità era tale che il timore di perderla, ogni tanto lo rendeva, ombroso e pensieroso.
L’appartamento dei due sposini era parte di un’antica villa, dalla quale, i vecchi proprietari, avevano ricavato due distinti appartamenti. Uno era stato acquistato da Luca e Andrea, l’altro, un po’ più grande, era di proprietà della signora e del signor Estevez, una coppia molto affiatata e apparentemente felice.
I rapporti fra le due coppie erano cordiali e spesso amichevoli. Luca e Andrea avevano la percezione che tra loro e gli Estevez sarebbe nata una bella amicizia. Fino ad allora però, Luca aveva preferito mantenere dei semplici, cordiali, rapporti di vicinato. Anche la moglie era d’accordo.
Andrea dopo la laurea, aveva deciso di dedicarsi alla scrittura a tempo pieno. Per arrotondare e non dipendere solo dal marito, aveva deciso di lavorare presso un teatro della città come assistente di un regista non molto noto.
Luca invece non si era mai laureato, ma lavorava da più di dieci anni come consulente di Borsa. Era una specie di genio dei numeri e i tabelloni numerati gli avevano sempre dato la sensazione di essere una specie di Padre Eterno. Non si trattava di megalomania o superbia, ma il fatto di comprendere o semplicemente di poter determinare una pur minima variazione numerica su quel tabellone, lo faceva sentire, per un attimo, onnipotente. Ma questo genere di sensazioni non le aveva mai svelate o spiegate ad Andrea. Non avrebbe capito.
Il sole ormai era quasi calato quando Andrea fece ritorno a casa.
“Tesoro sei tornata tardi oggi”.
“Hai ragione amore, ma le prove sono cominciate in ritardo”, la voce un po’ affannata di Andrea non risparmiava un tono gentile e amorevole al marito.
“ D’accordo. Dammi un bacetto va!”.
“Eccomi. Obbedisco!”.
Andrea era una donna di spirito, oltre ad essere ben fatta. Luca la considerava bellissima e mai avrebbe guardato un’altra donna con l’intento di sostituirla. Il loro era un rapporto semplice ma estremamente sincero e puro.
“Eccoli che ricominciano”, si lagnò Luca a causa di una serie di rumori che provenivano dalla casa degli Estevez .Anche se era abbastanza intollerante verso il più piccolo rumore, in quel caso il frastuono superava la soglia di tollerabilità anche di Andrea.
“Cosa batteranno con tale forza sul muro?”.
“Non mi sembra un rumore di martello e poi si sente anche una voce femminile in sottofondo,anche se non riesco a distinguere le parole”.
“La signora Estevez parla spagnolo e tu, mio caro, non sai andare oltre Hola!”.
“Si si, prenditi gioco di me, Mrs Sapientain! Del resto lo spagnolo è una lingua inutile per il mio lavoro. L’inglese, oltre l’italiano, mi basta e mi avanza”. In realtà Luca era invidiosissimo della moglie poliglotta e, per dirla tutta, non parlava bene nemmeno l’inglese, ma questo Andrea non glielo faceva notare mai.
“Se le cose stanno così, allora, caro Mr. Brown, sei pronto per la borsa di New York!”. Effettivamente qualche mese prima, Luca aveva ricevuto una proposta molto invitante da una società di Borsa della Grande Mela, ma aveva lasciato cadere la cosa in un nulla di fatto. In verità nemmeno Andrea era entusiasta all’idea di andare negli Stati Uniti anche se ogni tanto si lasciava andare a qualche battutina sull’argomento.
“ Si guarda, adesso vado a preparare la valigia!”.
I due si guardarono in cagnesco per qualche secondo prima di scoppiare in una risata corale. Fu breve il passaggio dall’ilarità alla passione. Fecero l’amore per tutta la sera e dopo aver riposato per meno di un’ora, si decisero a cenare, alla loro maniera. Birra scadente, salmone affumicato, crostini e formaggio da spalmare. Luca non avrebbe fatto a meno di una pioggia di succo di limoni, ma anche questa volta Andrea aveva dimenticato di comprarli. Fu meraviglioso lo stesso, come sempre.
In piena notte il rumore proveniente dalla casa degli Estevez viene percepito nuovamente da Luca. Stavolta aveva capito. Era una concitazione sessuale. Una spalliera in ottone, che settimane prima aveva visto in casa dei vicini, e che di certo cadenzava i colpi d’un coito. Per un tratto gli parve di comprendere anche lo spagnolo osceno della Signora Estevez. Un certo appetito sessuale pervase nuovamente , ma Andrea dormiva già e l’indomani ci sarebbe stato il lavoro. Molto più saggio pensare a dormire.
Passarono i giorni ed il tempo nella casa di Luca e Andrea scorreva velocemente e felice. L’armonia non era mai turbata dalle piccole cattiverie di Luca e tanto meno dalla ironiche provocazioni di Andrea.
Giunte le ferie di Pasqua, marito e mogliefecero una breve gita fuori città, al loro rientro notarono delle auto parcheggiate sotto casa.
“E tutte queste auto?”.
“Forse gli Estevez hanno invitato degli amici a cena”, rispose calma Andrea.
“Capita spesso ultimamente, lo hai notato?”.
“Si Commissario, l’ho notato”.
“E’ possibile che tu debba scherzare su tutto!”.
A queste parole Andrea si fece seria.
“ Tesoro, cosa vuoi che m’interessi delle abitudini serali degli Estevez?Che facciano quello che vogliono. In fondo anche noi invitiamo a cena i nostri amici e di certo avremo disturbato la quiete di questo palazzo, non credi?”
“Questo si ma c’è dell’altro”.
“Che vuoi dire?”.
“Ricordi quei rumori, l’altra sera?”.
“Si, li ricordo”, rispose seria Andrea.
“Dopo aver fatto l’amore siamo piombati tutti e due in un sonno profondo. Poi abbiamo cenato..”
Luca raccontava lentamente con uno sguardo serio che a tratti pareva spiritato.
“Si amore, ricordo bene, continua”.
“In piena notte mi sono risvegliato. Quei rumori e quelle parole in spagnolo…”.
“Tutto qui?”.
“Stavano facendo sesso Andrea….”.
“ E allora? Cosa c’è di male?In fondo sono sposati”.
“E’ vero. Le mie perplessità però sono fondate”.
Queste continue pause di Luca innervosivano un po’ Andrea che lo incalzava.
“Che vuoi dire?”.
“Gli Estevez non erano soli in casa”.
“Ma non si sentivano voci estranee. Si udiva solo la voce della Signora Estevez”.
“Le auto…”.
“Le auto?”, per qualche secondo Andrea non capì poi comprese tutto.
Luca ricordava bene che i rumori si sentivano ogni volta che gli Estevez invitavano gente a cena. Per la verità non avevano mai visto nessuno, ma le auto erano sempre lì, ed ogni volta diverse.
Andrea si ricordò che il ripostiglio di casa confinava con la stanza da letto dei vicini e che in un punto preciso, c’era stata una cassaforte che, una volta rimossa dai vecchi proprietari, aveva lasciato un grosso buco nel muro che era stato ricoperto con un leggero strato di cartongesso.
Si guardarono e si diressero in concomitanza verso il ripostiglio.
“Hai ragione Andrea, in questo punto il muro è di cartongesso”.
“Si, qui era riposta la cass….”
“Sssst…ascolta”, mormorò a mezza voce Luca.
Bene, allora se anche stasera è d’accordo, metta una firma qui Signor Estevez e potremo cominciare.
Quella voce non l’avevano mai udita. Quella voce lenta e cadenzata parlava di cominciare qualcosa e di una firma da apporre.
Dopo qualche minuto di silenzio si udì distintamente il letto d’ottone degli Estevez sbattere violentemente sul muro e ancora quelle parole oscene in spagnolo, pronunciate da un’inedita Signora Estevez.
A Luca gelò il sangue, mentre Andrea sembrava quasi divertita da quella situazione. Nel muro posticcio era affisso un vecchio poster di Shining che Andrea aveva appeso per coprire una fessura. Senza dire nulla al marito, tolse il poster dal muro accostando l’occhio alla fessura che fu vista per la prima volta da Luca.
“Che stai facendo Andrea!?”, trasalì.
“Zitto! Fammi guardare dai…”, Andrea sembrava posseduta per quanto quella situazione la divertiva .
La scena che si presentava alla sua vista era tanto sconvolgente quanto chiara. Sul letto matrimoniale degli Estevez la Signora stava carponi, completamente nuda. Un uomo muscoloso e tatuato la possedeva con violenza da tergo. Sullo sfondo si scorgeva a mala pena la sagoma di un uomo seduto in poltrona con i gomiti sulle gambe. Si guardava la scena. Doveva grondare sudore dalla fronte, perché Andrea notò che si passava un fazzoletto bianco sulla testa, come se fosse un tic nervoso.
“Se la sta spassando quel porco del Signor Estevez!”, disse Andrea.
“Che vuoi dire? Fammi guardare”.
Luca era rimasto in disparte per tutto il tempo ma alla vista di quella scena non riuscì a scostarsi dalla visione che lo atterriva e lo eccitava allo stesso tempo. L’uomo sulla poltrona era il Signor Estevez e gli uomini che possedevano la Signora Estevez erano diversi adesso, mentre le urla di dolore e gioia della donna, eccitavano anche Luca e Andrea, che prese l’iniziativa.
“Che fai? Lo vuoi fare qui?”, si ritrasse Luca, apparentemente scandalizzato dalle avances della moglie.
Fecero l’amore, per diverse ore, per tutto il tempo in cui durarono gli amplessi nella stanza da letto dei vicini. Dopo si baciarono e in silenzio andarono a dormire. Tutto quel sesso era stato emozionante ma qualcosa nel petto di Luca gli opprimeva il respiro. Era stato solo sesso. Solo sesso: sudato, inaspettato, sconvolgente.
Presero l’abitudine di spiare gli incontri di gruppo che si svolgevano nella stanza da letto degli Estevez. Spiavano e facevano sesso. Era eccitante e trasgressivo, e non riuscirono più a sottrarsi a quella consuetudine.
Col passare dei giorni però, i rapporti fra si fecero tesi e sempre più sporadici. La sigaretta del tramonto di Luca non era più la prima ma la trentesima del giorno. Persino i numeri non lo facevano sentire più onnipotente.
Nella mente un chiodo fisso: la stanza da letto degli Estevez.
Quegli amplessi provocavano piacere sia a Luca che ad Andrea, ma Luca era cambiato.
Il sesso lo avevano cambiato.
“Ci siamo divertiti è vero, ma adesso basta Andrea”.
“Si hai ragione, basta. Lo faremo stasera per l’ultima volta, va bene?”.
Luca non voleva , ma pur di liberarsi da quel “mostro” che gli offuscava la mente, accettò.
All’ora solita i due sposi si posizionarono nel loro ripostiglio a luci rosse. Il copione nella stanza da letto degli Estevez si ripeteva. Cambiavano gli attori ma la protagonista era sempre la Signora Estevez che vendeva volentieri il proprio corpo per far divertire il marito.
Anche Luca e Andrea si davano da fare. Erano eccitati ma stavolta per Luca eradiverso. La Signora Estevez era Andrea, fra le sue braccia e nel letto degli Estevez. Era terribile mantenere l’eccitazione malgrado quella visone. Era terribile! La sua Andrea cavalcata da quel negro! Serrò gli occhi e si concentrò sulla moglie e su quella che sapeva essere la realtà, ma non riusciva a non rivedere quella scena sul letto degli Estevez. Andrea sul letto degli Estevez, al posto della Signora Estevez che se la godeva. Andrea che godeva sotto i colpi di quel negro. E rideva! Rideva forte come faceva la Signora Estevez! Nella sua visione si scorgeva anche un uomo seduto sulla poltrona che si masturbava. Nella visione il Signor Estevez era lui stesso.
In preda ad una follia liberatoria afferrò un coltello che il giorno prima aveva nascosto nel ripostiglio e colpì, una , due, tre volte Andrea. Le ferite sembravano vuote di sangue, nella semioscurità del ripostiglio, così infilzò il coltello nel ventre della moglie altre 42 volte.
Alla fine un velo caldo gli cingeva la mano assassina ed il braccio. Si scostò dalla vittima e si diresse verso l’uscio dell’appartamento. Poi tornò indietro. Andò in cucina e cercò il pacchetto di sigarette. Lo trovò. Ne estrasse una. Si diresse verso la finestra rivolta a nord. Tutto era buio. Il tramonto non c’era ad aspettarlo. Stavolta tutto era buio.
“Sad song…Sad song…Sad song..”, cantava Luca, mentre tutto era buio, anche sul campanile della Chiesa Madre. Tutto era buio.


Fine





di
Nicola Platania
(Aprile2007)